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Abbazia della SS. Trinità

Fondata da Ruggero I nel 1081, il primo Abate fu Guillaume Fitz Ingram, nel 1120, Papa Gregorio VII vi istituì la diocesi diventando la prima sede episcopale di rito latino di tutto il meridione d’Italia, fino ad allora di rito bizantino.

Il complesso monastico sorge fuori delle mura di cinta della città vecchia ed era costituito dalla Badia, dalla Chiesa e dal Seminario.

Nel 1098 dichiarata direttamente dipendente dalla Santa Sede, oltreché abbatia nullius diocesis con delle sue parrocchie dipendenti, con bolla di papa Urbano II.

Nel 1200 si ebbero i primi scontri con il presule di Mileto che si sarebbero trascinati per tutta la storia dell’abbazia, si verificano anche i primi scontri con i monaci greci di San Nicodemo che, con l’appoggio del vescovo di Gerace, si ribellarono al dominio dell’abbazia melitense, a cui erano sottoposti da una donazione del 1091, riuscendo a rimanere indipendenti.

Nel 1358 il re Ludovico e la regina Giovanna concessero all’abbazia il diritto di tenere una fiera per la solennità della Santissima Trinità; è possibile che si tratti della riconferma di un privilegio già concesso dal Gran Conte Ruggero.

Nel 1659 l’abbazia fu colpita dal primo sisma che provocò il crollo sia della chiesa che del monastero, i cui materiali e beni vennero poi    saccheggiati. Nel 1660 la chiesa fu ricostruita ma senza l’antica  maestosità, le sue dimensioni infatti si ridussero alla metà.

Del monastero rimasero in piedi solo le muraglie ed alcuni muri maestri; appoggiata alla muraglia ovest fu costruita la nuova residenza vicariale.

Nel 1717, Clemente IX soppresse la nullius diocesis abbaziale con la bolla dismenbrationis Abbatiae, unendone i territori alla diocesi melitense. Il terremoto del 1783 segnò la totale distruzione della SS. Trinità, di cui rimangono imponenti rovine.

L’abbazia simile a quella di Sant’Eufemia, di ispirazione cluniacense, con un transetto sporgente e con tre navate e tre absidi affiancate la cui centrale corrispondeva alla cupola del coro. La chiesa era lunga circa 42 metri e larga 26, con colonne greche provenienti dal Tempio di Proserpina di Hipponion, la nostra Vibo Valentia. Il campanile, invece, in origine pare fosse costituito da una torre separata dal corpo della chiesa

La ricostruzione comportò una riduzione degli spazi, con la nuova chiesa che occupava le sole navate, con l’abside quadrata che terminava all’altezza dell’arco santo dell’impianto romanico e i pilastri al posto delle colonne.

All’indomani del terremoto del 1783 restava solo una parte del prospetto e il contrafforte seicentesco e le pareti perimetrali solo per un’altezza minima, mentre oggi dell’intero complesso svetta solitaria la “Scarpa della Badia” a testimonianza del monumento medievale e delle sue trasformazioni in età moderna.

È la terza delle grandi abbazie normanne di Calabria dopo Santa Maria della Matina presso San Marco Argentano e Santa Maria presso Sant’Eufemia. E come Sant’Eufemia, la sua omonima di Venosa, Monreale o la Cattedrale di Palermo, la SS. Trinità fungeva da chiesa-mausoleo: vi furono infatti sepolti Ruggero I, la sua seconda moglie Eremburga e Simone, successore designato del Gran Conte.

Ne esistono ancora dei ruderi, ad oggi diventati Parco Archeologico, e vi furono effettuati degli scavi tra il 1916 e il 1923 da Paolo Orsi, altri scavi sono stati effettuati nel 1995 e 1999.

Ma un importante contributo allo studio architettonico della Chiesa fu dato dalle ricerche di Giuseppe Occhiato che rinvenne presso il Pontificio Collegio di Roma, una serie di disegni, e per primo ne rilevò la pianta fornendone una convincente interpretazione. Nella ricostruzione dello studioso la chiesa era a tre navate separate da due file di colonne, con la torre campanaria che occupava lo spazio tra il primo interasse sud, l’abside era tripartita e la copertura a cupola copriva la crociera al centro del transetto.

Gli scavi del 1995 hanno interessato la parte absidale sulla quale, nella seconda metà del XVII secolo, i monaci avevano realizzato una cappella ed hanno messo in luce un sepolcreto relativo al primo impianto cimiteriale. Da segnalare il raro rinvenimento di numerose tessere vitree riferibili a vetrate datate al XII sec. d.C. La pur breve campagna di scavo del 1999 ha permesso di individuare fasi edilizie diverse da quelle già note di XI e XVII secolo.

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