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Calabrò, Comparni e San Giovanni di Mileto

Calabrò

È attestato nell’atto di donazione detto Sigillum Aureum del 1081 relativo alla fondazione della diocesi da parte di Ruggero I, che donava al vescovado aliam culturam dictam Pioco in regione Calabrò una cum oleis et piocis prope viam publicam.

Nel 1216 Calabrò fu donato all’abbazia della SS. Trinità da parte di Federico II Re di Sicilia.

L’antica chiesa viene descritta nelle visite pastorali del 1586: era dedicata a Santa Maria. L’altare della chiesa non era consacrato. Un piccolo quadro con l’immagine della Madonna era il suo unico ornamento Nella chiesa era presente una confraternita sotto il titolo del SS.mo Sacramento. Il soffitto era di tavole solo nella parte sovra- stante l’altare maggiore, sopra una trave era il Crocefisso scolpito. Vi erano due campane e nel pavimento vi erano le sepolture.

Coteffoni fu distrutto a seguito di uno dei tanti terremoti del 1600 e non più ricostruito. La sua popolazione si trasferì nella vicina Calabrò. Aveva una chiesa parrocchiale intitolatala a S. Sebastiano. Alcuni ruderi superstiti sono ancora presenti nel sito.

Il 13 ottobre del 1791 una forte scossa di terremoto fece crollare la chiesa matrice che fu ricostruita nel medesimo luogo in forma basilicale a tre navate.

In seguito al terremoto del 1908 l’antica chiesa crollò. Una rara immagine del Tempio distrutto mostra il solo transetto della chiesa ancora integro, mentre le tre navate risultano crollate. Si nota, inoltre, parte del campanile posto sul lato destro del transetto. Interessante è anche la posizione della chiesa che aveva la facciata rivolta ad oriente.

Al suo posto, nel 1930, fu costruita l’attuale chiesa dal vescovo mons. Paolo Albera, con la facciata posta verso occidente e di dimensioni più modeste.

La sua storia, i suoi personaggi, il suo linguaggio saranno per sempre immortalati nel romanzo Oga Magoga di Giuseppe Occhiato.

(Rif. Bibliografici: Domenico Taccone-Gallucci, Monografia della Città e Diocesi di Mileto, Napoli 1881; Parrocchia di Calabrò, Liber Mortuorum del XVIII sec.)

Comparni

Potrebbe essere il luogo dei discendenti della famiglia Compari oppure deriverebbe dal greco Kumparos (padrino o testimone).

Compare nel diploma di Conte Ruggero detto Sigillum Aureum come Villa Comparnonis. Fino al XVI secolo conserva questa variante del nome.

La chiesa parrocchiale era dedicata a Santa Maria Assunta. Sopra l’altare della chiesa vi era un’icona in legno rappresentante la Madonna e i San Nicola e Sant’Antonio e Dio Padre. Nella chiesa era presente la confraternita del Santissimo Sacramento. Su una parete laterale vi era un altare dedicato alla Pietà. Sopra la trave corrispondente all’altare maggiore era posto un Crocefisso grande e vi era un campanile con due campane.

L’attuale chiesa è stata ricostruita da mons. Paolo Albera negli anni ’30 del secolo scorso, è dedicata a Ma- ria Santissima Immacolata. Al suo interno opera la confraternita intitolata a Maria Santissima Immacolata e Sant’Antonio di Padova.

 

(Rif. Bibliografici: Domenico Taccone-Gallucci, Monografia della Città e Diocesi di Mileto, Napoli 1881)

San giovanni

È il più recente dei casali di Mileto antica. Il Barrio lo chiama Pagus Ioannum. Viene ricordato anche da Luigi Piperni che subito dopo il terremoto del 1783 si ricoverò proprio lì.

La sua chiesa parrocchiale era dedicata a San Rocco. Nei tempi antichi vi era una chiesa dedicata a San Gio- vanni Battista, da cui il nome.

La chiesa di San Rocco era la chiesa succursale del paese, al suo interno era presente l’omonima confraternita ed per ordine del vescovo Giovanni Mario Alessandrinis (1573 – 1585) si dispensavano i Sacramenti. La confra- ternita era aggregata a quella romana di Santa Maria sopra Minerva dal 15 luglio 1578. Sull’altare della chiesa vi era un’icona raffigurante la Madonna tra i Santi Rocco e Caterina.

La Chiesa di San Giovanni Battista era la chiesa parrocchiale di San Giovanni, ma era da alcuni anni che non si celebrava messa se non nei giorni della festa del Santo patrono.

Le chiese antiche andarono distrutte a seguito dei terremoti. L’attuale chiesa è opera di Mons. Paolo Albera, ricostruita e di recente restaurata ed abbellita dal parroco dell’epoca, d. Roberto Carnovale.

 

 

(Rif. Bibliografici: Domenico Taccone-Gallucci, Monografia della Città e Diocesi di Mileto, Napoli 1881; Luigi Piperni; Memoria dell’orribilissimo ed insolito tremoto accaduto il dì 5 Febbrajo di questo anno 1783, e seguitato da altre egualmente fortissime scosse, e delle grandissime perdite avute dalla mia Casa in tal flagello, ms. ritrovato e pubblicato nel 1914 da Francesco Pititto, in Archivio Storico della Calabria, II, n. 2.)

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